Persecuzione dei Cristiani in Medio Oriente: verso l’unità

“Un Medio Oriente senza cristiani non può e non deve essere immaginato”, ha recentemente ribadito nel suo intervento il cardinale Kurt Koch, presidente del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, durante la conferenza di febbraio a Vienna dedicata ai cristiani del Medio Oriente. La scomparsa dei cristiani nella regione sarebbe non solo una perdita inimmaginabile di tipo religioso e culturale ma una sconfitta per il processo di pace e per la stabilità nella regione. I cristiani sono presenti in tutti i paesi del Medio Oriente, sempre come minoranza in riferimento alla popolazione globale. Fino ai dati del 2010, i cristiani autoctoni contavano circa 15 milioni, costituendo il 3% della popolazione complessiva. L’attualità politica e le problematiche legate ai conflitti in corso, successive all’esplodere delle “Primavere arabe”, e a causa delle persecuzioni mirate contro i cristiani, ha consegnato un numero di cristiani nella regione notevolmente diminuito. Ricordiamo che nei Paesi del Golfo si trovano oggi oltre due milioni di cristiani tra i lavoratori stranieri, tutti immigrati stagionali per lo più impiegati nell’industria petrolifera e infrastrutturale, non residenti. Non sono apertamente perseguitati, ma continuamente sottoposti a vessazioni e restrizioni. I cristiani in Medio Oriente presentano un panorama vastissimo di confessioni: la Chiesa assira d’Oriente, le Chiese ortodosse orientali, le Chiese ortodosse calcedonesi, le Chiese cattoliche, la Comunità anglicana e molte comunità cristiane protestanti. Un fenomeno sempre presente, oggetto di profondi dibattiti all’interno di tutta la comunità cristiana, è la ricerca di comunione tra chiese formalmente separate. L’ecumenismo quale ricerca di incontro, collaborazione reciproca, sostegno e solidarietà contro le persecuzioni. Nel 2013, Papa Tawadros, il patriarca dei cristiani copti, scrisse una lettera a Papa Francesco sulla necessità di individuare una data unica per la celebrazione della Pasqua e per tutte le Chiese cristiane. Non si è ancora giunti ad un accordo. Tali aspetti non sono secondari in rapporto alle problematiche che vivono i cristiani, soprattutto dopo l’avanzare dello Stato Islamico. Nei drammi recenti si sono moltiplicate le visite di solidarietà alle vittime da parte dei vescovi della regione. Visite compiute a prescindere dall’appartenenza rituale e confessionale, spesso accompagnate da aiuti concreti con beni di prima necessità. Molti sono gli appelli a favore della cessazione delle ostilità, della riconciliazione, del dialogo, della restituzione degli ostaggi e dei rapiti, appelli presentanti comunemente dai gerarchi delle varie Chiese. Durante una lezione del Corso di perfezionamento “Il Mediterraneo e il Medio Oriente oggi: Problemi e prospettive”, svoltosi presso la Lumsa Università, il Segretario generale del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica Don Francesco Baronchelli ha ribadito l’essenzialità di parlare di cristianesimi, molti e variegati, in Medio Oriente e secondo quest’ ottica si deve analizzare la problematica che vivono i fedeli in tale contesto geografico. I cristiani in Medio Oriente sono sempre più consci che le persecuzioni che li colpiscono oggi possono essere anche un’occasione provvidenziale per procedere verso l’unità di tutti i cristiani del Medio Oriente. Dalla tragedia potrebbe generarsi uno spirito ecumenico di unione e comunione dei cristiani. Aspetti religiosi che diventano essenziali nell’analisi geopolitica dell’attualità delle confessioni religiose e del dialogo interreligioso tra gli stessi cristiani in Medio Oriente.

Articolo di Domenico Letizia, presidente dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale, pubblicato per il quotidiano “Il Roma – il Giornale di Napoli“.